Addomesticata 6.000–10.000 anni fa negli altipiani andini del sud del Perù [1, 2], la patata coltivata (Solanum tuberosum L.) è diventata rapidamente uno dei principali alimenti di base in tutto il mondo [3]. Con una produzione globale di 377 milioni di tonnellate nel 2016, per un valore lordo totale di 111 miliardi di dollari, la patata si posiziona al quarto posto tra le piante coltivate nel mondo, dopo riso, grano e mais [4].
Gli attuali sforzi per migliorare la patata mirano ad aumentare i raccolti, la compatibilità con le esigenze dell’industria agroalimentare, la resistenza agli stress abiotici (ad esempio la siccità) e la resistenza ai patogeni [5, 6]. Nella loro ricerca di tratti di interesse da introdurre in S. tuberosum, gli allevatori possono contare sulla grande varietà botanica delle patate, che comprende 4 specie coltivate e 107 specie selvatiche [2], distribuite in tutta l’America Latina (Figura 1), dal Nuovo Messico alla Patagonia [7, 8].
Essendo adattate a una vasta gamma di condizioni ambientali e climatiche, le patate selvatiche possiedono tratti tratti di interesse per l’agricoltura, come una maggiore resistenza alle malattie e alla siccità. Recenti studi genomici nel clade delle patate (Solanum sect. Petota) hanno rivelato la straordinaria diversità genetica delle specie selvatiche e la sua utilità per il miglioramento varietale [9, 10].
Il mio progetto di ricerca riguarda la biologia riproduttiva di Solanum chacoense (Figura 2), una specie selvatica di patata, il cui genoma è stato recentemente sequenziato [11]. S. chacoense è studiato dalla ricerca agronomica per la sua elevata resistenza a un’ampia gamma di patogeni, come il virus Y della patata [12, 13], i batteri che causano l’appassimento della patata [14, 15] e la scabbia comune [16, 17], o funghi responsabili del marciume del colletto e della mallattia della gamba nera [18], e dell’oidio [19].
Solanum chacoense ha anche un metabolismo secondario peculiare che produce livelli elevati di glicoalcaloidi speciali come le leptine e leptinine [20], che sono particolarmente efficaci contro la dorifora della patata [21]. Questo piccolo insetto erbivoro (Figura 3) è un pericoloso parassita, che può distruggere completamente un raccolto di patate nutrendosi delle foglie. Attualmente si sta lavorando per comprendere meglio i geni coinvolti in queste vie metaboliche [22, 23] e per introdurli in patata coltivata [24, 25, 26, 27].
Essendo una specie diploide, S. chacoense è anche studiato come un modello alternativo alla patata coltivata (tetraploide) per la biologia molecolare e cellulare, in particolare nella ricerca sulla riproduzione delle piante. Ad esempio, nel nostro istituto di ricerca, S. chacoense è stato utilizzato nel laboratorio Cappadocia per decifrare i meccanismi dell’autocompatibilità gametofitica basata su S-RNase [28, 29, 30, 31]. Il laboratorio Geitmann, ora con sede presso la McGill University, ha usato S. chacoense nelle sue ricerche sulla citomeccanica della crescita del tubo pollinico [32, 33, 34].
Il laboratorio Matton ha scoperto diverse proteine coinvolte nella trasduzione di segnali riproduttivi in S. chacoense come peptidi RALF [35, 36], MAP chinasi (missing reference) e recettori chinasici [37, 38, 39, 40]. Il nostro gruppo ha anche prodotto studi trascrittomici [41], proteomici [42] e secretomici [43] ad ampio spettro sulla riproduzione di S. chacoense.
Il mio progetto di dottorato mira a capire come le interazioni tra pistule e polline, specialmente l’attrazione del tubo pollinico, sono coinvolte nell’isolamento riproduttivo delle patate selvatiche, cioè i meccanismi che consentono loro di evitare l'ibridazione interspecifica.